mercoledì 17 dicembre 2014

Oggi parliamo con... #6 - Elena G. Santoro

Un caloroso buongiorno a voi amici lettori e buon mercoledì! Oggi siamo qua per conoscere una nuova amica del blog, Elena G. Santoro. Conosciamola assieme.

Ciao Elena, grazie innanzitutto della tua disponibilità. Che ne diresti d'iniziare parlandoci un pochino te, di cosa ti piace fare ma soprattutto di cosa ti ha portata ad approcciarti alla scrittura e che ruolo ha quest'ultima nella tua vita?

Ciao e grazie per avermi ospitato nel tuo bellissimo blog! Che ruolo ha la scrittura nella mia vita? Bella domanda! Nel senso, ha un ruolo che è sempre un po’ sacrificato, visto che, a parte tutto, sono una mamma che lavora, che sta fuori casa dodici ore al giorno, che fa regolarmente trasferte all’estero e che nel tempo libero vorrebbe anche godersi i figli finché sono piccoli! E tuttavia, quando i pargoli dormono, come in questo momento, non posso fare a meno di scrivere, anche solo un paragrafino. Ho iniziato a scrivere a quattordici anni, quando avrei voluto più libertà per me e i miei genitori magari non me ne concedevano (e giustamente!) quanta io ne avrei voluta. Allora inventavo storie di adolescenti molto più indipendenti di me. All’epoca ho scritto dei romanzi, o meglio, col senno di poi sarebbe giusto definirli dei lunghi racconti a mano su dei taccuini – chissà quanto sarebbero lunghi realmente, se stesso su Word – e per farli leggere ai miei amici dovevo prestare tutto il taccuino, sperando che tornasse indietro! Poi per molti anni non mi sono data affatto alla narrativa, piuttosto alla corrispondenza, alla diaristica, agli articoli suoi blog, altri generi, insomma. E poi non so dirti come è ricominciata, ero incinta e non mi potevo muovere, mi annoiavo e dovevo tenere la mente impegnata, così ho rispolverato i vecchi personaggi di allora, li ho fatti crescere, li ho proiettati in un contesto più attuale et voilà, ho scritto dei romanzi per davvero. Avevo molta voglia di sognare e di crearmi un mondo in cui le cose andassero meglio che nella realtà.

"L'occasione di una vita" è il titolo del tuo romanzo, da cosa ti è nata l'idea di questa storia a carattere sentimentale?

Allora, ero appunto incinta e avevo già scritto un romanzo dal titolo “Perché ne sono innamorata” (Uscito nel 2013 con Edizioni Montag). Ma la gravidanza era solo a metà e allora mi sono chiesta: e adesso la storia come va avanti? Così ho buttato giù la prima versione di “L’occasione di una vita”, in cui gli stessi personaggi del primo libro si trovano, due anni dopo, a fronteggiare altri problemi.  Futura e Patrick, i protagonisti principali, ora sono una giovane coppia che convive; Ljuda e Massimo (lei ex cattiva ragazza e lui ex seminarista) ora sono sposati e hanno ben due bambini e Manuela, studentessa di giurisprudenza di famiglia benestante e con ambizioni glamour pretende di cambiare il mondo intorno a sé.

Ti va di parlaci un pochino della trama?

La trama si svolge su tre filoni, il primo drammatico, il secondo e il terzo sono tragicomici.
La parte “seria” riguarda Futura e Patrick, che si trovano a fronteggiare una gravidanza inattesa e scoprono di essere su posizioni opposte. Lei non è particolarmente entusiasta, ma non direbbe di noi. Lui, pur riconoscendo che la decisione ultima non spetti a lui, non accetta l’idea. Quando però Patrick diventa più possibilista, lei perde il bambino spontaneamente. A quel punto c’è il patatrac. Futura non crede più nelle buone intenzioni di Patrick e se ne va di casa. È l’inizio di una commedia degli equivoci, Patrick e Futura a quel punto non riescono più a incontrarsi né a chiarirsi e lui la rincorrerà per tutta l’Irlanda pur di ricomporre la loro relazione. Ci riusciranno, con molta fatica solo mettendo insieme il dolore che entrambi portano dentro per la perdita del bambino.
Poi c’è la parte rocambolesca e assolutamente ironica: Ljuda, casalinga disperata, diventa concorrente del Reality più famoso d’Italia e qui sperimenterà sulla propria pelle tutta la crudeltà di un certo tipo di televisione, che darà in pasto la sua storia al resto del Paese, e alla fine di tutto il suo matrimonio entrerà seriamente in crisi.
Infine c’è Manuela, che fa la volontaria nella Casa di Accoglienza per donne in difficoltà gestita proprio da Massimo. Lei è piena di buone intenzioni ma non si rende conto che il suo desiderio di glamour poco si sposa con le possibilità economiche della Casa. Tra parentesi riporto le storie di immigrate e di ex prostitute sfuggite allo sfruttamento. Tali storie sono fittizie, ma sono ispirate alla vita di alcune ospiti della Casa degli Amici di Lazzaro, una struttura realmente esistente qua a Torino, dove io vivo.
In conclusione, il mio è un romanzo che si può definire sentimentale in prima battuta, ma non è un romance classico e, tra l’altro, è sempre molto casto. Gli amanti del romance puro forse saranno delusi, io ho sempre l’abitudine di inserire delle tematiche sociali in quello che scrivo.

Com'è stato scriverlo? Quali sono stati i momenti più importanti e quali gli aspetti che hai cercato di valorizzare e far emergere maggiormente in questa storia?

Ho parlato di aborto spontaneo proprio per esorcizzare tutte le mie paure. Molte volte mentre ero incinta sognavo di perdere mio figlio, che incubo! E allora, mentre scrivevo, non potevo non domandarmi come sarebbe stato, se mi fosse accaduto veramente. La mia risposta personale è stata non negare la perdita subita, non negare il lutto, ma affrontarlo, metterlo in comunione nella coppia. La scena che più mi ha emozionato scrivere è stata quella in cui Patrick smette di minimizzare il problema e scoppia in lacrime. Mi ha fatto piacere quando chi è passato da questa triste esperienza mi ha detto che ho reso la situazione molto bene e ho descritto credibilmente entrambi i punti di vista, di lui e lei.
E poi, appunto, c’è la denuncia sociale, c’è il mio disprezzo per un certo tipo di televisione spazzatura, oggi definita anche televisione del dolore. Infine ho voluto menzionare, raccontando della Casa di Accoglienza, la condizione in cui vivono certe donne, vittime di violenza.

Si dice che, di solito, prima di essere scrittori si è anche lettori. Sei d'accordo con quest'affermazione? Quanto è importante la lettura nelle tue giornate? Quali sono i generi che maggiormente ti affascinano?

Certo che sì! Io leggo un sacco! Di solito ha impatto su di me chi racconta la realtà, come Perissinotto, la Mazzantini, Carofiglio. Amo anche il genere surreale, ma quando è palesemente, esageratamente tale. Poi mi piacciono anche gli autori che riescono a fare piangere, a toccare temi seri utilizzando un linguaggio leggero. Alessandro Piperno o Jonathan Tropper nel suo “Dopo di lei”, che è la storia (tragicomica e rocambolesca) di un imbranato ventinovenne che è appena rimasto vedovo. Ci sono pagine che fanno morire dal ridere, perché raccontano con ironia pazzesca le vicissitudini del ragazzo circondato dalle vicine di case che ci provano e dal figliastro sedicenne che si caccia nei casini. Ma poi ci sono altre pagine di dolore puro, dove le lacrime del lettore scendono copiose anche se le situazioni, come descritte, rasentano l’assurdo. Comunque, come lettrice, vado anche alla ricerca di belle e struggenti storie d’amore e di finali lieti e positivi. I finali per me devono essere pieni, soddisfacenti. Possibilmente positivi, ma comunque pieni, nel bene o nel male. E le storie d’amore che rimangono a metà, con lui che muore, o lei che fugge, proprio non mi garbano.

Hai già progetti di scrittura futuri in testa?

Altroché! “Perché ne sono innamorata” e “L’occasione di una vita” hanno otto fratellini più piccoli, che non sono ancora stati pubblicati eccetto il nono “Un errore di gioventù”, uscito nel 2014 con 0111 Edizioni. In pratica, dopo i primi due è venuta fuori una saga. Ho voluto anticipare l’uscita del nono, saltando tutti gli altri, perché trattava un tema che a me sta particolarmente a cuore: la pena di morte. Infatti nel 2010 in Florida è stato giustiziato un mio penfriend americano, con cui corrispondevo da otto anni. Questo libro è dedicato a lui e alla sua famiglia. In realtà non racconto la sua storia, ma una storia solo ispirata alla sua, però ritenevo fosse importante farlo. Il mio amico, Martin Eddie Grossman, era colpevole, ma la sua morte, che non ha comunque riportato in vita la sua vittima, ha avuto come unica conseguenza solo altro dolore e un’altra famiglia dilaniata. I parenti del mio Eddie sono stati felici di sapere che io non avevo dimenticato e adesso che il libro è stato anche tradotto in inglese ed è disponibile gratuitamente in versione ebook, lo potranno leggere!
Ma Futura e Patrick e la loro saga non sono i miei unici personaggi: poche settimane fa è uscito un altro mio romanzo, “Gli Angeli del Bar di Fronte”, 0111 Edizioni, in cui ci sono protagonisti completamente diversi.
Nel frattempo, ho un paio di ideucce che mi frullano nella testa…

Ti auguro tanta fortuna, sia a te che alle tue opere! Grazie per aver condiviso con noi le tue esperienze. :)

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